Visita Descrittiva

Pianterreno
Ciao, sei appena entrato nel Museo Renato Brozzi, che si estende su tre piani con un’esposizione di oltre 450 mq.

Renato Brozzi, un artista nativo di Traversetolo, è stato sbalzatore, cesellatore, orafo e scultore. Il poeta Gabriele D’Annunzio, che fu il suo più importante committente, nel 1936 lo definì “il più grande Animaliere italiano dopo il Pisanello”.

Nell’atrio ti accoglie il modello al vero in gesso della Cerva realizzata in bronzo dall’artista nel 1939 per l’allora principale ingresso portuale di Rodi, lo storico Mandráki, divenuta insieme all’esemplare maschio uno dei simboli più noti dell’isola.

Proseguendo, entrerai nella saletta intitolata Scopri l’artista.
Qui troverai la rappresentazione digitale di Renato Brozzi, che ti dà il benvenuto nel museo a lui dedicato.
Sulla parete a destra potrai seguire in ordine cronologico lungo la Linea del tempo gli avvenimenti più importanti della vita dell’artista, dalla nascita, il 7 agosto 1885, alla morte, il 21 giugno 1963, avvenute entrambe a Traversetolo.
A sinistra scoprirai altri suoi ritratti fotografici, che ne colgono la fisionomia in momenti particolarmente significativi del suo itinerario: a 37 anni, il giorno dell’inaugurazione della Vittoria angolare, monumento ai caduti traversetolesi della Grande guerra, avvenuta il 27 giugno 1923; cinquantenne al Vittoriale degli Italiani, nella Stanza del Mappamondo, la biblioteca principale della casa; settantenne a Villa Strohl-Fern a Roma, dove Brozzi visse a partire dal 1915 fino al rientro definitivo a Traversetolo il 15 giugno 1962.

Oltre questa saletta entrerai nell’area destinata a biglietteria, guardaroba e book-shop.
In questo spazio è a disposizione dei visitatori un distributore di acqua naturale e gassata alla spina.
Di fronte alla finestra che affaccia sul cortile della Corte è esposto il busto-ritratto di Giuseppe Verdi, in cemento patinato terracotta, opera di Ercole Vighi (Traversetolo, 1927-1990), altro artista locale che sempre guardò a Brozzi come a un maestro. 
A fianco è posizionato uno Scranno in stile rinascimentale di legno intagliato, probabilmente eseguito nei primi anni del Novecento, insieme a quattro sedie collocate al primo piano del museo, nella bottega paterna dello scultore Pietro Carnerini (Traversetolo, 1887-Gorgonzola, 1952).
Proseguendo, incontrerai un piccolo atrio che a sinistra dà accesso al cortile della Corte e a destra ad una saletta dove troverai un percorso didattico costituito da un pannello esplicativo, da un video e da una installazione che spiegano la tecnica della fusione a cera persa, un procedimento particolarmente utilizzato dall’artista per la realizzazione delle sue sculture in bronzo e già noto ai Greci a partire dalla fine del VI secolo a.C.

Da questo spazio passerai in un altro piccolo ambiente, dove sono esposti il Ritratto di Renato Brozzi dipinto nel 1913 dall’amico pittore Amedeo Bocchi (Parma, 1883-Roma, 1976), e gli stampi originali in bronzo realizzati nel 1922 per il servizio di undici Piatti detti “del Cordiglio francescano” commissionati all’artista da D’Annunzio per la mensa del Vittoriale.

Proseguendo, incontrerai a sinistra le scale di accesso al primo piano, quindi a destra il Punto informativo con Totem touchscreen, e successivamente l’ascensore con pulsantiera tattile.

Primo piano
Una volta raggiunto il Primo Piano, troverai a destra del piccolo atrio l’ascensore, e a sinistra i servizi, accessibili alle persone con disabilità, dove è presente un fasciatoio per cambio neonati e riscaldamento biberon.
Prima di iniziare il percorso espositivo, potrai consultare la Mappa tattile studiata per favorire l’accessibilità e la fruibilità, collocata sulla parete di fronte a scale e ascensore.

Comincerai quindi il percorso partendo dalla saletta dedicata agli affetti familiari. Qui infatti trova posto sulle pareti e sugli espositori una serie di ritratti dipinti e scolpiti che ricostruiscono tutto il mondo affettivo e familiare dell’artista: la madre Anna Martini Brozzi, le sorelle minori Maria, Bianca e Graziella, il nonno materno Antonio Martini, fabbro ferraio in Traversetolo.

Entrerai quindi nella sala che raccoglie testimonianze eterogenee, relative alla prima formazione dell’artista.
Si parte, sulla parete a sinistra, da disegni di animali e paesaggio, realizzati sotto l’attenta guida del pittore Daniele de Strobel (Parma, 1873-Camogli (GE), 1942) nella sua villa a Vignale di Traversetolo.
Sul mobile sottostante sono esposte le prime due sculture che fanno parte del percorso tattile “Brozzi da toccare”, immediatamente fruibili attraverso il tatto con guanti monouso in materiale ipoallergenico, forniti gratuitamente in biglietteria.
Si tratta di una Nereide su ippocampo a due pinne caudali in bronzo su base in marmo antico, e di un’Aquila in lega di bronzo e argento, colta nell’atto di planare su un frammento roccioso di marmo rosa.
Si passa poi agli studi accademici riferibili all’alunnato presso il Regio Istituto di Belle Arti di Parma; agli sbalzi di ispirazione neorinascimentale realizzati negli stessi anni per mantenersi agli studi su commissione di antiquari locali; ai primi saggi del corso di perfezionamento seguito a Roma presso la Scuola di Nudo e la Regia Scuola della medaglia istituita dal Ministero del Tesoro nel 1907 e annessa alla Regia Zecca.
Fra le numerose monete e medaglie esposte, si segnala il rovescio della moneta da 10 centesimi coniata in rame a 950 millesimi nel periodo 1919-1937 del Regno d’Italia, con il motivo simbolico dell’ape che trae succhi da un fiore avaro come il papavero, con il quale Brozzi vinse il concorso bandito nel 1919 dalla Zecca per rinnovare tutti i tipi dei pezzi in metallo.
Sulla parete di destra, una grande vetrina a muro ospita svariati strumenti musicali a corda e ad aria, che attestano la spiccata predilezione di Renato per la musica.

Proseguendo, ti troverai nella prima delle tre salette dedicate al rapporto dell’artista con l’animalismo, ovvero con la raffigurazione grafica e plastica di animali. Un genere che in Italia visse una vera “età dell’oro” tra gli anni Venti e Trenta, e di cui Renato Brozzi è considerato uno dei più importanti esponenti sia nell’ambito dell’arte orafa, sia in quello dell’attività propriamente scultorea.
Ad accoglierti, sulla parete a sinistra, è il possente gesso dell’Aquila per il monumento ai caduti di Casarano (LE), nelle stesse dimensioni della fusione reale in bronzo; sulle altre pareti si susseguono bellissimi disegni a pastello di gatti, tacchini, tori e bufali della Campagna romana, mentre negli espositori trovano posto sculture di Gatte con gattini, in bronzo o gesso; un Aquilotto appollaiato su sperone di roccia in bronzo dorato; un Tacchino in bronzo dal modellato potente. Quest’ultimo è destinato all’esplorazione tattile insieme ad altre tre fedeli riproduzioni 3D di sculture in bronzo o gesso: un Gattino accovacciato, una Gattina che gioca con la coda, e una Giovane gatta che gioca col suo piccolo.

Fanno ugualmente parte del percorso “Brozzi da toccare” i due gessi della Gatta con tre piccoli e della Gatta con piccolo, esposti nella saletta successiva. Entrambe le sculture furono presentate alla Prima Mostra Nazionale dell’Animale nell’Arte allestita nel 1930 al Giardino zoologico di Roma, primo importante banco di prova per oltre cento artisti accomunati da questo speciale orientamento.
Alle pareti sono esposti carboncini e pastelli che ritraggono, da sinistra a destra, animali artici, animali della savana in lotta e animali da cortile, cui si affianca una serie di placchette decorative in metallo e gesso, popolate da cervi, pecore, tacchini e oche.

L’ultima saletta è dedicata all’arte decorativa di ispirazione animalista. Le pareti ospitano una serie di disegni preparatori a piatti, trofei e centritavola; una vetrinetta accoglie la riproduzione degli undici Piatti del Cordiglio francescano, singolare commissione dannunziana (undici piatti e non dodici per evitare la presenza di Giuda a tavola), caratterizzata da simboli eucaristici intervallati a motti latini che si snodano lungo l’orlo decorato con il cordiglio dell’ordine.
Alcuni supporti espongono pezzi di grande virtuosismo plastico, tutti selezionati per il percorso tattile: il piede per una croce liturgica in bronzo con dorature e pietre sintetiche; il Trofeo delle aquile, copia in bronzo dell’originale realizzato in fusione d’argento dorato per le gare motonautiche di Detroit del 1937; la Damigella di Numidia che spiega l’ala in bronzo, fermata nell’atto di sollevare le lunghe zampe per spiccare il volo.
Nella vetrina al centro della sala trovano posto sia alcune creazioni in argento (piatti con motivi animalistici nel fondo o nella tesa; scatole portasigari e portasigarette; la Penna capitolina destinata a ratificare le unioni coniugali nel Municipio di Roma) sia diversi gioielli in argento e in oro, anch’essi ispirati ai prediletti soggetti animali.

Proseguendo il percorso entrerai nella saletta dedicata ai Ritratti: sono esposti in questo ambiente una galleria di ritratti in cui la figura femminile è assoluta protagonista, una scelta di busti e teste di personaggi legati all’artista da relazioni di amicizia e committenza, e alcuni degli innumerevoli Studi di nudo che Brozzi eseguì sia nel corso del perfezionamento triennale alla Scuola Libera del Nudo all’Accademia di Belle Arti di Roma, sia  lungo l’intero arco della sua ampia parabola artistica.
Sui due cassettoni sono esposte alcune opere originali in bronzo o riproduzioni 3D destinate alla fruizione tattile: il Ritratto di Amedeo Bocchi, il Ritratto di Ildebrando Cocconi, il Ritratto di Piera Sasso, il Ritratto caricaturale di Renato Brozzi, dedicatogli dall’amico Latino Barilli (Parma, 1883-ivi, 1961), e il gruppo Il segreto dei bimbi di Giovanni Prini (Genova, 1877-Roma, 1958), che coglie con sensibile delicatezza il colloquio serioso di tre piccoli.

La sala successiva raccoglie opere e documenti che aiutano a ricostruire il clima e la rete di rapporti che caratterizzarono la formazione artistica di Renato Brozzi e ne segnarono la ricerca formale, focalizzandosi particolarmente sul legame con Daniele de Strobel, che Brozzi considerava suo maestro e mentore, e del quale sono qui presentate numerose opere e oggetti personali.
Sulla parete a sinistra è esposto un grande olio su tela di suggestione medievale, Il giuramento di Pontida; proseguendo, potrai ammirare dagherrotipi e ritratti fotografici provenienti da casa Strobel raccolti in una vetrina; a seguire, nella vetrina a muro, una serie di ritratti in gesso patinato di amici e committenti di Renato Brozzi; nel successivo espositore a parete è esposta la scultura in bronzo Il fanciullo e la morte, rara prova plastica di Daniele de Strobel dall’elegante stilizzazione che la raccorda alle coeve esperienze mitteleuropee.
Sulla parete successiva sono raggruppati studi di animali e paesaggi della Campagna romana, fra i quali una Veduta con pagliai, olio su tavoletta di Amedeo Bocchi, al quale rimandano alcune riproduzioni di foto d’epoca e studi di alberi di Villa Borghese nel tavolo al centro della sala.
Sul cavalletto davanti alla finestra è collocato l’olio su tavola raffigurante Nostra Signora del Boschetto di Camogli, opera tarda di Strobel, cui si devono anche diversi studi di Cavalli, numerosi Paesaggi agresti di Traversetolo, perlopiù animati dalla presenza di animali, e una serie di ritratti: l’Autoritratto col cavallo Lampo, quello della madre Adelinda Valdagni Strobel e quello della moglie Luigia (Luisa) Vecchi Strobel.

Uscendo dalla sala entrerai nello spazio dedicato al rapporto fra l’artista e Gabriele D’Annunzio. Sulla parete a sinistra sono esposti alcuni disegni preparatori o alternativi alla realizzazione dei più famosi trofei commissionati dal Vate a Brozzi per occasioni ufficiali: la Coppa del Benaco ispirata nel 1921 al Poeta dal desiderio di onorare i compagni di volo caduti, la Coppa del Liutaio a ricordo del musico Gasparo da Salò, offerta in palio alle gare di canottaggio sulle acque del Garda del 1923. Di quest’ultima è presentata la copia originale in bronzo con doratura al mercurio, fruibile anche attraverso il tatto.
Proseguendo, troverai esposti a parete tre disegni preparatori a griglie copriradiatore con motivi animalistici, ultima commissione del poeta a Brozzi, mai realizzata in concreto per l’ostracismo di Gian Carlo Maroni, divenuto ormai signore incontrastato della vita del Vittoriale. Nel tavolo espositivo sono presentati disegni e riproduzioni fotografiche di opere di committenza dannunziana, fra le quali si segnala per originalità la “maravigliosa Cheli”, una grande tartaruga in bronzo dorato, da adattare alla copertura dorsale di un animale vero, morto di indigestione nei giardini del Vittoriale.
Nella parete successiva, un espositore a muro presenta il modellino della Culla per il neonato Romano Mussolini, commissionata a Brozzi dalla Federazione degli artigiani con l’intento di farne un simbolo della tradizione italica. Una riproduzione 3D di questo oggetto insolito è a disposizione dei visitatori per l’esplorazione tattile.
Nella stessa vetrina sono esposte le Insegne di Principe di Montenevoso, dall’omonimo monte in Slovenia, il titolo nobiliare creato per il Poeta dal re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia il 15 marzo 1924. Inizialmente progettate come fregio decorativo in bronzo dorato per gli specchi delle sole porte della stanza della Cheli, furono poi impiegate da D’Annunzio come decorazione per molti altri usi.
Nel successivo espositore a parete sono presentati numerosi studi di Medaglie con elefante guerriero, di Anelli “del cuor rosso” con rubino cuoriforme entro motivi animalistici, di Spille “del Gal d’Or”, ironica e beffarda onorificenza con cui il Vate si vantava di aver “incavalierato molti fessi e fessacchioni”, e di Spille dell’Occhio alato, una commissione per la quale l’incontentabile poeta metterà in croce il suo artista di provincia costringendolo a produrre una serie infinita di varianti, dal 1930 al 1934, prima di raggiungere una traduzione plastica soddisfacente. Nella vetrina sono esposti, fra i molti oggetti curiosi, i gemelli da polso in oro con cui il Comandante era solito omaggiare compagni d’arme ed amici (anche Mussolini li ebbe, nell’ottobre del 1926); l’insegna “del Gal d’Or”; una Tartarughina in argento, immaginata come piccola figlia della grande Cheli; e alcune varianti in piombo della Spilla dell’Occhio alato.

Si prosegue entrando nell’ultima stanzetta di questo piano, dedicata alla presenza di Brozzi al Vittoriale. A testimoniarla sono alcuni Studi di anatroccoli e di alani ripresi a matite e pastelli nel parco di Gardone, e numerose fotografie d’epoca che ritraggono l’artista sul ponte della “Nave Puglia” e nella “Piazzetta dalmata” insieme ad amici parmigiani nel 1930, e ancora negli stessi luoghi nel 1961, quando ormai anziano Brozzi vi ritornò un’ultima volta in compagnia della sorella Graziella e di un’amica.
Alla “Nave Puglia” e alla polena con la figura della Vittoria navale (copia della Vittoria angolare di Traversetolo) rimandano anche le versioni della sola testa rimpicciolita, l’una in gesso patinato e l’altra in bronzo su una base in marmo antico, esposte nella vetrina del bureau cabinet insieme al gesso di una Volpetta modellata dall’artista nel 1933, e realizzata in bronzo per la Stanza del Lebbroso. Le fedeli riproduzioni in 3D di queste opere sono fruibili attraverso l’esplorazione tattile.
Ugualmente è possibile toccare la superba Testa d’aquila, copia in bronzo su base in marmo dell’originale in argento fuso e cesellato con occhi di brillanti, conservata sullo scrittoio della Zambracca al Vittoriale.
Conclude idealmente il percorso la foto di D’Annunzio con dedica a Renato Brozzi, datata “16/ ottobre/ 1922”, esposta sopra il piccolo camino della stanza.

Secondo piano
Ripercorrendo a ritroso l’itinerario, potrai salire al Secondo piano. Anche qui, sulla parete di fronte a scale e ascensore, è a disposizione del visitatore la Mappa tattile per raccontare il percorso espositivo.

A sinistra è allestito un piccolo spazio dedicato al Laboratorio segreto, che intende restituire l’atmosfera raccolta dello studio di Renato Brozzi a Villa Strohl-Fern, evocato sia dalla gigantografia dell’artista intento al suo lavoro, sia dai numerosi bozzetti in gesso, presentati con apparente casualità su semplici mensole di legno. Alcuni di questi, come i Gattini in lotta in gesso patinato bronzo e il Pulcino in gesso, inviato a D’Annunzio nel 1931 e subito collocato dal poeta fra gli innumerevoli ninnoli della Veranda dell’Apollino, sono stati riprodotti in 3D e concludono il percorso tattile “Brozzi da toccare”.
Anche la serie di ceselli in acciaio posti in verticale entro contenitori cilindrici, la pietra con pece e placchetta predisposta per essere lavorata, e le numerose basi per sculture in marmo antico pronte per essere utilizzate, concorrono ad evocare quel senso di “disordine” e di vissuto tipico di un’officina e del suo lavorìo segreto.

La sala successiva e quella contigua sono dedicate alla Gipsoteca: ospitano infatti una selezione della ragguardevole raccolta di gessi del Museo, comprendente più di trecento pezzi, per lo più inediti, fra bozzetti, calchi, modelli originali e frammenti. Nelle vetrine si possono ammirare medaglie, placchette, piatti di soggetto animalier a tenuissimo rilievo, mentre nel totem espositivo ad isola sono esposti alcuni utensili in ferro per la lavorazione e l’intaglio del cuoio, a ricordo delle preziose custodie realizzate in cuoio bulinato su disegno di Brozzi per la protezione dei trofei Coppa del liutaio e Coppa dell’Oltranza.
Alle pareti trova posto una serie di studi il cui comune denominatore è il soggetto sacro. Si parte dal disegno preparatorio degli Angeli genuflessi con fiori per il cancello in bronzo realizzato nel 1955 per l’Edicola Camorali presso il Cimitero monumentale della Villetta di Parma; nella parete opposta è esposto lo studio di una Portella di tabernacolo con AGNVS DEI; mentre sul tramezzo divisorio che raccorda la saletta successiva trova spazio un medaglione in gesso con il Ritratto di Giuseppe Ramiro Marcone, abate del Santuario di Montevergine di Avellino dal 1918 al 1952.
Non mancano ritratti di personaggi in consuetudine con l’artista: il Ritratto di Ugo Mutti, fusione in bronzo realizzata nel 2021 dall’originale in terracotta patinata modellato dall’artista nel 1951, a disposizione per l’esplorazione tattile; un Ritratto virile in gesso cui si affianca il Ritratto di Arturo Toscanini in terracotta di Ercole Vighi, uno dei numerosi artisti del territorio di Traversetolo per i quali Renato Brozzi fu un esempio di autorevole influenza.

Proseguendo il percorso entrerai in una saletta dedicata ai Progetti monumentali, dove hanno trovato spazio, in stretta continuità con la collezione di gessi del Museo, fotografie, studi e bozzetti legati alla realizzazione di monumenti celebrativi, di commissione pubblica, e funerari, di committenza privata borghese.
Fra le occasioni ufficiali di monumentalità commemorativa sono qui documentati: la gigantesca Vittoria alata di quattro metri, richiesta dall’amministrazione comunale di Casarano (LE) a ricordo dei propri caduti e realizzata dall’artista fra il 1927 e il 1928; un medaglione in gesso con Aquile reali per la decorazione del monumento ai caduti parmensi di tutte le guerre, da collocarsi sulla torre campanaria del complesso monastico di San Paolo, mai realizzata per il ritiro dell’artista dopo la morte dell’architetto Mario Monguidi (Corniglio, 1896-Parma, 1960) che lo aveva coinvolto, fra il 1959 e il 1960,  nell’impresa di decorazione; il modellino in gesso della colossale Campana di trenta quintali fusa fra il 1936 e il 1937 con il bronzo dei mortai offerti alla patria dal Sindacato dei Farmacisti italiani e destinata ad una Chiesa cattolica di Addis Abeba.

L’esposizione della sala successiva si concentra sulla realizzazione della Vittoria angolare destinata ad eternare la memoria dei caduti traversetolesi del primo conflitto mondiale, evidenziando il ruolo di Renato Brozzi in quella campagna monumentale di massa, rimasta nel tempo insuperata, che intese fissare materialmente sulle piazze d’Italia la memoria e l’iconografia della Grande Guerra.
Il monumento fu inaugurato il 27 maggio 1923 con una cerimonia di grandiosa solennità, qui testimoniata da una selezione di otto fotografie scelte nell’ambito della ricca documentazione approntata per l’occasione dal fotografo parmense Alberto Montacchini (Parma, 1894-ivi, 1956).
La Vittoria angolare di Traversetolo costituisce una delle prove più convincenti dell’artista nell’ambito della monumentalistica celebrativa, di cui offre un’interpretazione meno convenzionale sia per la scelta ardita di far protendere l’imponente figura alata dallo spigolo esterno del palazzo municipale (soluzione resasi necessaria per la mancanza nel borgo cittadino di una piazza che potesse accogliere questa dea della vittoria di proporzioni monumentali), sia perché già precocemente orientata verso un indurimento del modellato, particolarmente visibile nella bella Testa in gesso patinato color bronzo esposta nella prima vetrina a sinistra, il cui volto quadrangolare appare già segnato da un’accentuata stilizzazione antinaturalistica.
Completano il quadro delle commissioni celebrative connesse al culto della Grande Guerra alcuni studi preparatori relativi ad opere di grande qualità decorativa.
L’elaborazione grafica definitiva della Spada d’onore in argento massiccio, offerta nel 1919 ad Armando Diaz, che aveva arrestato al Piave l’avanzata austriaca, di cui resta testimonianza nell’esposto Bollettino della Vittoria, ovvero l’ultimo comunicato del generale datato 4 novembre 1918, che annunciava la fine della guerra e il successo riportato dall’esercito italiano.
I disegni progettuali dei grandi medaglioni marmorei con i fregi delle armi combattenti realizzati nel 1960 per il monumento commemorativo dei caduti parmensi di tutte le guerre da innestarsi nelle incassature murarie del tamburo della torre di San Paolo, dove sono tuttora visibili.
Al centro della sala, in un grande espositore ovale, trova posto una selezione di taccuini con disegni e schizzi, di grande interesse sia per l’utilizzo di un’ampia gamma di tecniche grafiche sia per la straordinaria varietà dei soggetti che spaziano dai prediletti animali ai paesaggi legati alla forzata permanenza dell’artista a Cagliari nel periodo dell’arruolamento, a partire dal giugno 1917, nel 16° battaglione della milizia territoriale.

Proseguendo, si entra nel piccolo ambiente che conclude il percorso museale, dedicato all’intenso rapporto che sempre legò Renato Brozzi al paese natale e destinato a Sala video, con schermo da 40 pollici su cui girano, in loop, video promozionali e descrittivi di iniziative passate del Museo.
Un legame, quello di Brozzi con Traversetolo, che anche durante i lunghi anni romani trasse alimento sia dalle ricorrenti visite compiute dall’artista in occasione della grande sagra di settembre e della fiera di San Martino, sia dal profondo rapporto di rispetto e riconoscenza instauratosi con l’Amministrazione comunale, sia dalle importanti commissioni via via affidategli dal Comune, dall’Opera parrocchiale e da importanti famiglie traversetolesi. Tali rapporti sono qui rappresentati da numerose testimonianze grafiche, fotografiche e documentarie.
Si parte dalla parete a sinistra, con il Diploma d’onore, un’artistica pergamena consegnata a Renato Brozzi il 9 novembre 1913 a seguito degli affettuosi festeggiamenti promossi dalla Società Operaia di Traversetolo come omaggio all’artista ormai affermato, e si prosegue con la Targa in bronzo «PER GLI/ EROI DELLA/ CIVILTA’/ NELLA FESTA/ DEL VALORE», offerta in quella stessa occasione da Giuseppe Baldi, titolare dell’omonima Fonderia presso la quale anche il giovanissimo Brozzi aveva svolto il suo primo apprendistato.
Nel successivo espositore a parete sono presentati i progetti per il «Prospetto frontale e settentrionale degli edifici prospicienti piazza Vittorio Veneto» e per il «Prospetto frontale della nuova Canonica o “Casa sociale” di Traversetolo», facenti parte di una serie di elaborati grafici relativi agli studi per la sistemazione dei fabbricati pertinenti alla chiesa di San Martino di Traversetolo e alle piazzette adiacenti che risultano conclusi nell’estate del 1951, mentre i lavori si protrassero fino al 1955.
Per rendere edotta la cittadinanza sui cambiamenti che il centro urbanistico avrebbe subito, Brozzi realizzò con grande cura nella primavera del 1951 anche un plastico in gesso del «complesso architettonico delle opere sociali e del centro» da esporsi negli spazi comunali, qui documentato da una foto d’epoca.
Anche la realizzazione del Tempietto di San Rocco, riferibile al 1951, è attestata sia dagli studi della «FACCIATA» e della «PARTE OPPOSTA DELLA FACCIATA», sia da una fotografia del tempo. L’edificazione della cappella fu deliberata in sostituzione del precedente oratorio, eretto nel 1664 al bivio della strada della Costa, e demolito nel 1935 per consentire l’allargamento della via.
Altre immagini documentano la sistemazione dell’edicola votiva con Maestà della Madonna di Fatima, posta in angolo fra via Roma e via Stradella, per la quale Brozzi progettò nel 1954 una grata in ferro battuto a protezione della nicchia; e la costruzione del nuovo edificio delle scuole pubbliche intitolato a Gabriele d’Annunzio nel biennio 1938-1939, a cui l’artista offrì la propria opera come consulente, proponendo una modifica del blocco centrale per conferirgli maggiore grandiosità, e come scultore, modellando gratuitamente la coppia di Aquile reali innestate sulla fronte del balconcino in facciata, di cui si presenta una foto d’epoca.
Concludono l’esposizione una selezione di quattro fotografie dello Studio Arduini di Parma relative all’Inaugurazione Mostra d’arte Scultore Renato Brozzi, organizzata dal Comune e dall’associazione Pro Traversetolo nella Sala del Consiglio dal 30 aprile al 6 maggio 1961, quale atto di omaggio della cittadinanza all’attività più che sessantennale dell’ormai anziano artista.
Il percorso si chiude con la presentazione del conio del dritto e del rovescio della medaglia commemorativa realizzata in bronzo dallo scultore Armando Giuffredi (Montecchio Emilia, 1909-ivi, 1986), a ricordo dell’inaugurazione del primo museo intitolato a Renato Brozzi, aperto al pubblico il 10 giugno 1975 nei locali situati al piano superiore del Palazzo Municipale, già destinati dal Comune ad abitazione dell’artista e della sua famiglia.