L’ARTE E LA PRODUZIONE DI
Renato Brozzi
Osserva gli animali con lo scrupolo e l’intelletto d’amore di un cinese e di un giapponese; analizza i corpi dei suoi soggetti con una cura e una minuzia che, credo non abbia esempi nell’arte contemporanea europea.
Leandro Ozzòla, «Corriere d’Italia», Roma, 28 marzo 1913
La carriera artistica di Renato Brozzi abbraccia un sessantennio, occupando un posto di rilievo fra quelle dei più originali maestri dell’arte decorativa italiana, modernista prima, déco poi. In quest’ambito l’artista mantenne una posizione di indipendenza e di inconfondibile originalità soprattutto nel campo dell’animalismo, in cui divenne specialista sia nel sottogenere del rilievo a sbalzo, sia nell’attività propriamente scultorea (statuette in bronzo o in metallo prezioso), secondo un gusto che conosceva in questo scorcio di tempo una singolare fortuna.
Sul tronco dell’iniziale ripresa della grande tradizione rinascimentale italiana, Brozzi seppe innestare il suo speciale interesse per la natura, e soprattutto per i singoli animali, sempre rappresentati nella loro carnale vivezza grazie al continuo studio zoologico, pur senza mai affievolirne la spiccata qualità decorativa, determinata dalla sua straordinaria padronanza delle tecniche della metallurgia e dell’oreficeria.
Denominatore comune della sua opera rimase, in linea con quanto si andava affermando nel nostro Paese nel primo dopoguerra, l’ambizione di tenere vivo un eletto e speciale artigianato, sia per quanto riguardava le tecniche e l’abilità del loro impiego (e particolarmente nella specialità del rilievo a sbalzo e cesello su metallo nobile), sia per quanto concerneva repertori e modi stilistici, in perfetta sintonia con il clima imposto da D’Annunzio tramite la scelta, per l’arredo del suo Vittoriale, di artisti con precisa vocazione alle arti applicate, in altre parole con intima natura artigianale.
Damigella di Numidia in atto di spiccare il volo
Altre caratteristiche della sua visione artistica furono l’estraneità a schieramenti ufficiali o a correnti programmatiche contemporanee (nonostante la prontezza nel cogliere gli stimoli del nuovo e il rapporto con i centri artistici più importanti) e l’indifferenza verso i formalismi delle avanguardie, sempre osservate con guardinga tiepidezza.
La sua arte seppe esprimersi nei campi più diversi, mantenendo costantemente quell’armoniosa ed equilibrata eleganza e quella qualità tecnica, fondata sulla pratica del “mestiere” nel senso antico del termine, che ha costituito la cifra speciale della sua lunga attività creativa: bronzi celebrativi, coppe e trofei, medaglie, monete, targhe e piatti sbalzati e cesellati in differenti metalli; ma anche gioielli e piccole sculture animaliste, fuse a cera persa, in oro, argento, bronzo, o realizzate in pasta vitrea e terracotta.
Senza dimenticare diverse esperienze di impegno monumentale, dalla Vittoria angolare per i caduti di Traversetolo (poi replicata con funzione di polena sulla prua della nave “Puglia” nei giardini del Vittoriale) alla colossale Vittoria alata per eternare la memoria degli eroi di Casarano (LE); dal monumento all’eroe parmense Fabio Bocchialini, eretto sulla vetta del Monte Caio, alla doppia coppia di gigantesche Aquile in bronzo, collocate su alti piloni a corredo dell’ex Ponte Littorio a Pescara e disperse durante l’ultimo conflitto; fino alla coppia di Cervi più grandi del vero, realizzati per l’allora principale ingresso portuale di Rodi, lo storico Mandráki.
Legati a commissioni cimiteriali sono invece la sepoltura del cugino Mario Grossi (1898-1918) caduto durante la battaglia del Piave nella guerra 1915-1918, e gli arredi bronzei dell’Edicola Camorali (1954-1955) nel Cimitero monumentale della Villetta a Parma; la corona di lauro a forte rilievo con dorature in bronzo per la lastra tombale del maestro Daniele de Strobel (Parma, 1873-Camogli (GE), 1942) nel cimitero di Camogli (1943).