Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963),
Penna Capitolina, [1921]
argento, h. 24,5 cm
La “Penna capitolina”, destinata cioè a ratificare nel Municipio di Roma i “patti di amorosa unione per tutta la vita”, fu modellata dall’artista su un’idea di Corrado Ricci.
Scrittore e storico dell’arte italiano, Ricci aveva assunto nel giugno 1893 la direzione della Pinacoteca di Parma, curandone il nuovo allestimento fino all’anno successivo. Direttore generale delle antichità e belle arti dal 1906 al 1919, eletto nel 1920 prima consigliere e poi assessore per le Antichità, Belle Arti e Giardini del Comune di Roma, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei dal 1921, senatore dal 1923, lo studioso lasciò un’impronta decisiva nella gestione concreta del patrimonio artistico, promuovendo iniziative di catalogazione e di restauro.
Lo stelo della penna è costituito da un fascio littorio formato da verghe di legno legate con nastri di cuoio; a sormontarlo è un’aquila romana che tiene fra gli artigli la classica tabella con la sigla S.P.Q.R., epigrafe latina che allude al popolo romano (“Senatus Populusque Romanus”). Emblema del potere e dell’autorità massima, il fascio era largamente utilizzato nell’iconografia per rappresentare l’autorità già prima dell’avvento del fascismo, che ne farà il simbolo della dittatura. All’estremità inferiore lo stelo termina con un arguto musetto di lupa capitolina, icona della città di Roma, che stringe fra i denti il pennino.
A cerimonia ultimata ai novelli sposi veniva donata una copia in bronzo della penna, anch’essa esposta in Museo.