Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963),
Testa della Vittoria navale montata su un fascio di frecce con cartiglio e motto COSÍ FERISCI, [1931]
gesso patinato in Terra ombra bruciata, h. 35 cm, base diam. 7,5 cm
Il gesso costituisce il modello della piccola scultura raffigurante la Testa rimpicciolita della Vittoria navale, corredata dal motto COSÍ FERISCI, ma non ancora completata con il fascio di frecce innestato alla base.
Nel maggio del 1931 Brozzi è al Vittoriale, ospite di D’Annunzio alla Mirabella, per mettere a punto la riedizione della “Coppa del Benaco” come “Coppa dell’Oltranza per la velocità pura”, istituita da D’Annunzio in memoria di Henry Segrave, primatista automobilistico e motonautico britannico, morto il 13 giugno 1930 nel lago Windermere nel tentativo di conquistare il record di velocità sull’acqua. Il volante deformato dall’impatto del motoscafo Miss Englad II di Segrave fu acquisito come reliquia da Gabriele D’Annunzio, che lo espose insieme ad altri cimeli nella Stanza delle Reliquie al Vittoriale.
Come di consueto, l’artista arrivava da Roma portando nuovi lavori di raffinata preziosità decorativa: portasigarette in argento e in oro col motivo della “Gazzella bizzarra”, spillette del “Gal d’or” (ironica e beffarda onorificenza da conferire a “molti fessi e fessacchioni”), e una “testina del bozzetto della Vittoria della Nave Puglia”, che proponeva di montare su una base in marmo per una spesa complessiva di circa 300 lire.
D’Annunzio dovette probabilmente suggerire a Brozzi di inserire alla base della testina rimpicciolita della “Vittoria navale” un fascio di frecce (così come nell’originale montato sulla prua della Puglia) e l’iscrizione COSÍ FERISCI, perché in una successiva lettera del 9 settembre 1931, l’artista annunciava di aver accolto i consigli del poeta e di aver inviato due varianti, rifinite “con dorature a fuoco come si usava nel bel tempo antico”, l’una su base in marmo rosso antico, l’altra senza, e di aver pronti altri marmi colorati per i basamenti. Il Comandante ne rimase pienamente soddisfatto e chiese di realizzare altri esemplari sempre innestandoli su piedistalli marmorei, precisando però che avrebbero dovuto essere più proporzionati e di “taglio netto” rispetto a quelli inviati. Brozzi si mise subito al lavoro e inviò nuovi campioni di basamenti per sottoporli al giudizio del Vate.
La serie di “testine” può dirsi conclusa nel maggio del 1932, quando l’artista inviò al Vittoriale “il piccolo bronzo ultimo della serie, che avevo fatto fondere montato su base di pietra dura, bellissima. Agata dorata”.
La piccola scultura, su basamento cilindrico di algida stilizzazione ma di suggestiva preziosità cromatica, fu subito collocata dal poeta fra le esuberanti suppellettili della “Stanza del Lebbroso”, altrimenti definita “Zambra del Misello” o “Stanza dei Sonni Puri”.
Immaginata come sua ultima dimora, con il letto simbolico delle due età, perché simile ad una bara e al tempo stesso ad una culla, la “Stanza del Lebbroso” è l’ambiente più enigmatico e misterioso della complessa residenza dannunziana, dove la simbologia religiosa, amplificata dalla scarsa illuminazione dell’ambiente, crea un’atmosfera di intensa sacralità. È la stanza che il poeta curò personalmente con grande attenzione, la più intima e raccolta, dove si ritirava in meditazione per celebrare gli anniversari di morte della madre (27 gennaio 1917), della Duse (21 aprile 1924) e degli amici.