Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963),
Medaglia con elefante guerriero, 1935
D: SVIS VIRIBVS POLLENS; R: MCMXXXV GABRIEL NVNCIVS
bronzo, diam. 7,5 cm

L’immagine dell’elefante “guerriero” fu utilizzata per la prima volta da Brozzi alla fine del 1925 nella realizzazione di timbri per imprimere sigilli in ceralacca. Su proposta di D’Annunzio, che ne aveva dettato il motto SVIS VIRIBVS POLLENS (possente di sua propria forza), l’artista realizzò una coppia di sigilli con l’immagine di “due piccoli elefanti […] il primo nell’atto della corsa, il secondo nell’atto dell’arresto”. Il motto, mutuato da Alamanno Salviati, figura politica di primo piano del Cinquecento fiorentino, costituisce uno degli aforismi prediletti del Vate.

Nel settembre 1926 “l’impresa del Liofante” fu utilizzata per il conio di gemelli da polso in oro (anche Mussolini li ebbe, nell’ottobre di quell’anno) e per “medaglie di fede” in argento, bronzo e vermeil, con cui il Comandante, donatore assai prodigo, era solito omaggiare antichi compagni d’arme e amici “di sicura fede dalmatica”.

Nell’agosto del 1936 il poeta richiedeva all’artista nuove medaglie “d’argento, di bronzo e dorate”, complete di astuccio, e pur mantenendo intatto il tipo dei primitivi esemplari con l’elefante rampante, dettava per la legenda un nuovo motto, TENEO TE AFRICA, dal titolo dell’ultima sua opera in sei volumi, edita appunto nel 1936, dedicata all’avventura d’Etiopia, che lo aveva inebriato risvegliandone gli antichi furori nazionalistici.