Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963),
Culla offerta dalla Federazione degli Artigiani al neonato Romano Mussolini, [1928]
modellino in gesso, h. 32 cm., lungh. max 55 cm

Il curioso modellino va ricollegato ad una commissione pervenuta all’artista dalla Federazione degli Artigiani Italiani in occasione della nascita di Vittorio Mussolini, quarto dei cinque figli (e terzo maschio) di Benito Mussolini e Rachele Guidi, avvenuta il 26 settembre 1927 a Forlì, nella residenza di villa Carpena.

Il 28 gennaio 1928, Brozzi indirizzava a D’Annunzio una lettera accorata: “Le invio alcune fotografie di un ultimo mio lavoro commessomi dall’Artigianato Italiano da offrire in dono a Romano Mussolini. È una culla e questa culla doveva dire molte cose […]  Le uniscono anche questa insalata di concetti, che ho dovuto attenermi e che non mi ha giovato troppo alla mia fantasia”. In allegato, due fogli fittamente dattiloscritti chiariscono i numerosi simboli che avrebbero dovuto arricchire la culla del neonato. Sono indicazioni ispirate a un’estetica di basso realismo, che si voleva ispirata quasi soltanto dal (e al) regime.

In un momento storico in cui si tentava di far prevalere la propaganda politica sui valori estetici, quando ormai aveva preso corpo un sistema delle arti capace di insinuarsi anche nelle più piccole manifestazioni di espressione artistica locale, la culla doveva essere una celebrazione “della vita nazionale rinovellata” e del fascismo, a partire dalla sua mitologia (“Il Centurione Fascista che racconta ai fanciullini la Marcia su Roma”), dall’etica eroica e guerriera (“Italo Vittorio Romano che salpa solo e affronta il grande mare aperto, frecciando nel cielo alto il suo pegno di gloria”), dagli ideali di grandezza e potenza che secondo il regime avrebbero dovuto informare tutta l’arte del territorio italiano, mettendola al servizio dell’ideologia per creare un’arte di stato.

La culla ideata da Brozzi, che per l’occasione realizzò più di quaranta disegni con varianti, ha la forza espressiva delle culle rurali, essenziale nelle linee ed ispirata, come scrisse l’artista stesso al Poeta, a “una parola nuova e antica”.

Come ben documentano tre foto d’epoca, Brozzi, messi da parte quasi tutti i suggerimenti decorativi “eterni” (“il delfino, le foglie e il fiore, il cardellino, il frutto, la spiga, l’agnello, la stella, l’arco e la freccia”) e “quelli mutevoli della nostra fortuna civile” (“la vela, il remo, la ruota, l’ala”), realizza una culla a dondolo in massello dalle linee semplificate che restituiscono nella loro autenticità popolare la forza della tradizione. Uniche concessioni ai canoni di propaganda politica possono essere considerate la forma del lettuccio, che ricorda lo scafo di una barca, con le sue decorazioni in bronzo dorato (quasi anticipando quel passaggio del discorso del 5 ottobre 1935 con il quale Mussolini, dichiarando di fatto guerra all’Etiopia, definiva gli italiani “un popolo di navigatori e di trasmigratori”): una coppia di delfini ai lati della testiera e un aquilotto ad ali aperte innestato sulla “prua” con funzione di polena. Completava il manufatto l’armatura in metallo per le cortine di difesa dalla luce e dagli insetti, simile a una canna da pesca nella sua aerea flessuosità.