Renato Brozzi (Traversetolo 1885-1963), Gatta con piccolo, [1930]
gesso, h 44,5 cm, diam. base 36,5 cm

L’artista fissa con grande tenerezza l’atteggiamento della gatta prediletta con il suo piccolo, soggetto privilegiato di numerose piccole sculture “animalier” in gesso, bronzo o metalli preziosi. Tra i tanti esseri animati studiati e ritratti, il gatto occupa una posizione di privilegio, come attestano gli oltre 400 disegni dedicati a questo animale che il Museo Brozzi conserva nel proprio archivio.

Non è un caso perciò che Renato Brozzi decida di esporre la fusione in bronzo corrispondente a questo gesso in occasione della “Prima Mostra Nazionale dell’Animale nell’Arte”, allestita presso il Palazzo delle Esposizioni del Giardino Zoologico di Roma tra marzo e aprile 1930. La mostra, che istituisce ben nove premi e due borse di studio, costituisce il primo banco di prova (e sostanzialmente l’unico fino a tempi recentissimi) per oltre cento artisti accomunati da questo speciale orientamento, fra i quali si annoverano alcuni dei più importanti animalisti della generazione di Brozzi, nati negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento.

Ad alcuni di essi, come il settantenne Giulio Aristide Sartorio o il toscano Arturo Dazzi, viene dedicata una sala personale. Anche Brozzi ha un proprio spazio espositivo, allestito con 56 opere grafiche fra pastelli e disegni a matita, tre piatti sbalzati e quattordici sculture, che gli varrà un notevole successo personale di pubblico e di critica.

Il suo animalismo è infatti celebrato sia per la calda e affettuosa ispirazione di base, che mantiene ai soggetti rappresentati tutta la loro carnale vivezza, sia per la sua straordinaria qualità decorativa.

La mostra, che si proponeva di far conoscere al grande pubblico il genere animalista, restituendogli quella dignità che aveva già nell’arte dei tempi imperiali romani, faceva propria una precedente riflessione di Carlo Carrà, che per primo aveva proposto l’importanza del tema. Recensendo infatti la Biennale di Venezia del 1928, il pittore e critico d’arte non solo sottolineava quanto fosse trascurato dagli artisti italiani contemporanei lo studio degli animali, specie nella pittura, ma sollecitava l’interesse del ministero della pubblica istruzione al fine di creare una vera e propria scuola animalista da affiancare agli insegnamenti di ogni Accademia di Belle Arti.

 

L’artista fissa con grande tenerezza l’atteggiamento della gatta prediletta con il suo piccolo, soggetto privilegiato di numerose piccole sculture “animalier” in gesso, bronzo o metalli preziosi.

  • Tra i tanti esseri animati studiati e ritratti, il gatto occupa una posizione di privilegio, come attestano gli oltre 400 disegni dedicati a questo animale che il Museo Brozzi conserva nel proprio archivio.

  • Non è un caso perciò che Renato Brozzi decida di esporre la fusione in bronzo corrispondente a questo gesso in occasione della “Prima Mostra Nazionale dell’Animale nell’Arte”, allestita presso il Palazzo delle Esposizioni del Giardino Zoologico di Roma tra marzo e aprile 1930.
  • La mostra, che istituisce ben nove premi e due borse di studio, costituisce il primo banco di prova (e sostanzialmente l’unico fino a tempi recentissimi) per oltre cento artisti accomunati da questo speciale orientamento, fra i quali si annoverano alcuni dei più importanti animalisti della generazione di Brozzi, nati negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento. Ad alcuni di essi, come il settantenne Giulio Aristide Sartorio o il toscano Arturo Dazzi, viene dedicata una sala personale.
  • Anche Brozzi ha un proprio spazio espositivo, allestito con 56 opere grafiche fra pastelli e disegni a matita, tre piatti sbalzati e quattordici sculture, che gli varrà un notevole successo personale di pubblico e di critica.
  • Il suo animalismo è infatti celebrato sia per la calda e affettuosa ispirazione di base, che mantiene ai soggetti rappresentati tutta la loro carnale vivezza, sia per la sua straordinaria qualità decorativa.

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