Questo ambiente, che conclude il percorso museale del piano primo, raccoglie testimonianze dell’affettuosa consuetudine che si venne instaurando tra il poeta committente e il «modesto e taciturno Frate Rinato», suo prediletto «animaliere», in quasi vent’anni di ininterrotto dialogo artistico, dal 1920 al 1938, e ne ripercorre alcuni dei momenti di più stretta intesa.

Una delle prime attestazioni in questo senso è la foto dell’Imaginifico con dedica spaziale «a Renato Brozzi/ per la Vittoria coronata di spine/ offre questa imagine “mistica”/ Gabriele d’Annunzio/ Romitorio/ di/ Cargnacco/ 16/ ottobre/ 1922», forse già premonitrice (nell’allusione a una «Vittoria») del plastico e vigoroso bronzo, permeato di intenti allegorizzanti, che il poeta intendeva collocare nella sua nuova dimora.

Foto di Gabriele D’Annunzio con dedica autografa a Renato Brozzi, 1922

Altri documenti fotografici testimoniano la presenza al Vittoriale dell’artista traversetolese, solo o in compagnia di amici e parenti: in particolare diverse fotografie ritraggono Brozzi sulla nave «Puglia», cimelio di guerra donato nel 1923 al Poeta-soldato dall’ammiraglio Paolo Thaon di Revel e fatto incassare nella terraferma con la prora rivolta in direzione del Lago e del mare Adriatico. D’Annunzio volle trasformare la nave, dove l’11 luglio 1920 avevano trovato tragica morte il comandante Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi a seguito dei cosiddetti “incidenti di Spalato” a carattere antitaliano, in un vero e proprio monumento drammaticamente commemorativo della irripetibile epopea di Fiume e dei suoi eroi.

La prua e gran parte delle sovrastrutture (castello, ponte, artiglierie) furono rimontate tra il 1925 e il 1938 e collegate al reticolo dei viali del parco attraverso un percorso particolarmente suggestivo. A Brozzi si deve l’affascinante polena, copia della Vittoria angolare posta sul municipio di Traversetolo a ricordo dei caduti per la patria, rivisitata in chiave navale, con l’aggiunta di una faretra densa di dardi dalla punta dorata stretti da un cartiglio con il motto «Così ferisci». Elementi che ritornano anche nella versione rimpicciolita, raffigurante la sola testa della Vittoria navale in bronzo (parzialmente o totalmente dorato a seconda delle varianti) montata su basi in frammenti di marmo antico di differenti forme, di cui sono esposti due esemplari nel bureau cabinet con base a cassetti insieme al gesso di una Volpetta (1933), modello di quella in bronzo conservata nella Stanza del Lebbroso al Vittoriale.

Ancora alle stanze della residenza gardoniana rimanda la superba Testa d’aquila (1931), copia in bronzo su base in marmo dell’originale in argento fuso e cesellato con brillanti su basamento in onice giallo, conservata sullo scrittoio della Zambracca, la stanza più intima di tutto il Vittoriale (studio privato ma anche spogliatoio e anticamera della Leda, la stanza da letto del poeta), dove fra calchi illustri e preziosi servizi da penna D’Annunzio era solito sbrigare gli ultimi impegni della giornata. Proprio qui, seduto alla scrivania, il poeta fu trovato morto la sera del 1° marzo 1938.

Testa d’aquila, 1931

Ai frequenti soggiorni nella tenuta gardesana di Renato Brozzi (che spesso inseriva la visita al Vittoriale nei suoi costanti andirivieni fra Roma e Traversetolo), sono da ricondursi anche i vivaci e morbidi pastelli con studi di animali colti con carnale vivezza nel parco del colle di Cargnacco: anatroccoli, alani tedeschi e levrieri. Connessi, questi ultimi, all’originario progetto dannunziano del proprio mausoleo, immaginato come un’arca sostenente un veltro accucciato, un cane simbolico che illustrasse i versi funerari scritti dal Vate nella sua ultima lirica: «Ogni uomo nella culla/ succia e sbava il suo dito/ ogni uomo seppellito è il cane del suo nulla».